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Incontro al MiSe il 25-7-2012 e riflessioni

Nel comunicarvi che non solo il 18 luglio si riunirà la Commissione Rete per proseguire il lavoro sull’ottimizzazione e l’efficientamento del settore Network (cosa che sta avvenendo anche in altri settori quali Customer e Commerciale ma solo da parte aziendale),ma che  il 25 luglio 2012 ci sarà l’incontro al MI.SE (Ministero Sviluppo Economico).

Sono trascorsi i 6 mesi dal cosiddetto “Lodo Ministeriale” col quale il Ministero garantiva 6 mesi di confronto tra le parti (azienda Wind e Organizzazioni Sindacali) che solo ultimamente, a seguito di alcuni cambiamenti organizzativi aziendali, sta portando ad un confronto fattivo, concreto (e non per demerito dei membri di commissione, ma lasciamo stare visto che mi riferisco a persone  che non sono più in azienda).

Seguono alcune note di Gianni Rago, RSU SLC-CGILWind nonchè membro della Commissione Rete

Ciao a tutti,
vi comunico che il 18 luglio è stata convocata una nuova sessione di commissione sulla rete.

Questa sessione rappresenta la nuova fase del confronto sulle alternative tecniche ed il recupero delle efficienze e dell’efficacia negli ambiti del network che coinvolgono le Regions e gli O&M di Milano e Roma.

Il mandato che il coordinamento e le segreterie nazionali (CGIL-CISL e UIL, i Cobas si guardano bene dallo sporcarsi le mani..) hanno dato alla commissione è di elevare il grado di confronto sulle specificità delle nuove proposte organizzative e provare a serrare alcuni punti cardine in modo da poterne poi conoscere e valutare gli aspetti non solo tecnici che essi comportano , ma di poterne discernere i risvolti negoziali che ne deriverebbero focalizzando sull’assetto strategico che l’azienda punta a definire.

E’ del tutto evidente che in questa fase dobbiamo incrementare un rapporto di continuo feedback con i lavoratori rispetto ai dettagli operativi che chiederemo di fornire in modo peculiare e preciso ; il ruolo delle RSU è il fondamentale anello di congiunzione diretto tra commissione e lavoratori ,saremo in una sorta di coordinamento virtuale permanente sotto la supervisione della Segreteria Nazionale,sarà necessario parlare continuamente con i colleghi , raccoglierne le indicazioni e fornire alla commissione un quadro continuo di sintesi rispetto alle valutazioni raccolte.
Questo ci permetterà di verificare rispetto alle proposte aziendali, le implicazioni organizzative,la sostenibilità e l’applicabilità in ogni singolo ambito territoriale o di reparto e di essere puntuali sulle osservazioni e sulle controproposte.

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Sulla scuola pubblica

Quando la scuola pubblica è cosa forte e sicura, allora, ma allora soltanto, la scuola privata non è pericolosa. Allora, ma allora soltanto, la scuola privata può essere un bene. Può essere un bene che forze private, iniziative pedagogiche di classi, di gruppi religiosi, di gruppi politici, di filosofie, di correnti culturali, cooperino con lo Stato ad allargare, a stimolare, e a rinnovare con varietà di tentativi la cultura.

Al diritto della famiglia, che è consacrato in un altro articolo della Costituzione, nell’articolo 30, di istruire e di educare i figli, corrisponde questa opportunità che deve essere data alle famiglie di far frequentare ai loro figlioli scuole di loro gradimento e quindi di permettere la istituzione di scuole che meglio corrispondano con certe garanzie che ora vedremo alle preferenze politiche, religiose, culturali di quella famiglia. Ma rendiamoci ben conto che mentre la scuola pubblica è espressione di unità, di coesione, di uguaglianza civica, la scuola privata è espressione di varietà, che può voler dire eterogeneità di correnti decentratrici, che lo Stato deve impedire che divengano correnti disgregatrici. La scuola privata, in altre parole, non è creata per questo.

La scuola della Repubblica, la scuola dello Stato, non è la scuola di una filosofia, di una religione, di un partito, di una setta. Quindi, perché le scuole private sorgendo possano essere un bene e non un pericolo, occorre:
– che lo Stato le sorvegli e le controlli e che sia neutrale, imparziale tra esse. Che non favorisca un gruppo di scuole private a danno di altre.
– che le scuole private corrispondano a certi requisiti minimi di serietà di organizzazione.

Solamente in questo modo e in altri più precisi, che tra poco dirò, si può avere il vantaggio della coesistenza della scuola pubblica con la scuola privata. La gara cioè tra le scuole statali e le private. Che si stabilisca una gara tra le scuole pubbliche e le scuole private, in modo che lo Stato da queste scuole private che sorgono, e che eventualmente possono portare idee e realizzazioni che finora nelle scuole pubbliche non c’erano, si senta stimolato a far meglio, a rendere, se mi sia permessa l’espressione, “più ottime” le proprie scuole. Stimolo dunque deve essere la scuola privata allo Stato, non motivo di abdicazione. Ci siano pure scuole di partito o scuole di chiesa. Ma lo Stato le deve sorvegliare, le deve regolare; le deve tenere nei loro limiti e deve riuscire a far meglio di loro. La scuola di Stato, insomma, deve essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella scuola di partito. Come si fa a istituire in un paese la scuola di partito? Si può fare in due modi. Uno è quello del totalitarismo aperto, confessato. Lo abbiamo esperimentato, ahimè. Credo che tutti qui ve ne ricordiate, quantunque molta gente non se ne ricordi più. Lo abbiamo sperimentato sotto il fascismo. Tutte le scuole diventano scuole di Stato: la scuola privata non è più permessa, ma lo Stato diventa un partito e quindi tutte le scuole sono scuole di Stato, ma per questo sono anche scuole di partito. Ma c’è un’altra forma per arrivare a trasformare la scuola di Stato in scuola di partito o di setta. Il totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime.

Facciamo l’ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Non vuol fare la marcia su Roma e trasformare l’aula in alloggiamento per i manipoli; ma vuol istituire, senza parere, una larvata dittatura. Allora, che cosa fare per impadronirsi delle scuole e per trasformare le scuole di Stato in scuole di partito? Si accorge che le scuole di Stato hanno il difetto di essere imparziali. C’è una certa resistenza; in quelle scuole c’è sempre, perfino sotto il fascismo c’è stata. Allora, il partito dominante segue un’altra strada (è tutta un’ipotesi teorica, intendiamoci). Leggi tutto

Le Quattro Giornate di Napoli

Emozionante ed interessante documento sulle quattro giornate di Napoli.
[vimeo]http://vimeo.com/15437057[/vimeo]
Da ascoltare e metabolizzare con attenzione non solo per sapere che da Napoli iniziò la vera Resistenza, che la nostra città ebbe un moto di orgoglio e ribellione liberandosi da sola senza l’aiuto degli alleati e che purtroppo quella storia, la nostra sotira, confrontata coi tempi attuali, con l’odio, gli egoismi, i personalismi attuali, sembra davvero sminuita.rnNel ricordo di tante donne e tanti uomini che si immolarono per darci libertà , democrazia e partecipazione.
Da Wikipedia, ‘Le Quattro Giornate di Napoli

Dimissioni dalla carica di consigliere del CRAL TLC

A: Presidente del CRAL TLC Comprensorio Olivetti
p.c. Consiglio Amministrazione del CRAL

Dimissioni dalla carica di consigliere del CRAL TLC

Spett.le Presidente,
con la presente, ai sensi del vigente Statuto del CRAL TLC Comprensorio Olivetti (di seguito CRAL), Le comunico le mie dimissioni dalla carica di consigliere.

Desidero ringraziare Lei ed i Consiglieri tutti per avermi consentito di lavorare in un ambiente propositivo, creativo, dinamico rendendo questi mesi di lavoro comune molto ricchi umanamente ma soprattutto di aver potuto lavorare a servizio della collettività, dei lavoratori tutti.

Mi preme evidenziare che se Ella nonché il Consiglio di Amministrazione avesse necessità di una mia collaborazione, nell’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori, sappia che potrà contare sempre sul sottoscritto.

Non Le nascondo che queste dimissioni sono molto sofferte; quando ho chiesto a nome della CGIL e del sottoscritto, la fiducia alle lavoratrici ed ai lavoratori l’ho fatto credendo di poter dare un contributo serio e propositivo al CRAL e non certamente per trarre in inganno qualcuno.
Non solo Pozzuoli, ma la sede di Ferraris ha visto nella CGIL e nel sottoscritto un punto di appoggio e credo sia dannosa la mancanza di un riferimento CRAL per la sede.
Pur nei limiti delle mie possibilità e capacità, voglia considerarmi a disposizione, ma reputo necessaria una riflessione da parte del Consiglio su come affrontare questa situazione. Ho preso un impegno elettorale e pur da dimissionario intendo mantenerlo.

Chi crede nella democrazia, sa che essa è anche partecipazione, è anche consentire a chiunque di poter concorrere per qualunque ruolo e reputo dannoso l’accumulo di cariche e ruoli nelle mani della stessa persona o di poche persone.
Ciò nonostante il senso di appartenenza ad un’organizzazione e la voglia di rappresentare al meglio le lavoratrici ed i lavoratori mi ha convinto a candidarmi, ottenendo un risultato strabiliante non solo per la CGIL, ma soprattutto per il sottoscritto. Un successo elettorale, non solo numerico (76 voti e secondo eletto) ma soprattutto umano, di apprezzamenti e stima che non si possono dimenticare.
Apprezzo la discussione ampliata, pacata e propositiva che si è sviluppata in CGIL per consentire un’ampia e diffusa partecipazione ai diversi compiti di più persone. E sebbene da sola, do personalmente merito alla CGIL di essersi dotata di tale direttiva. Resta il cruccio che non sia stata possibile inserirla nello Statuto.

Con spirito propositivo e mosso unicamente dal desiderio di rendere più funzionale i lavori di questo CRAL, Le ribadisco tutta la mia stima perché il peso organizzativo e realizzativo verte sulle Sue spalle e di pochi altri. Sono certo che Ella ed il Consiglio di Amministrazione saprà guadagnare ulteriore autonomia nelle decisioni politiche e strategiche del CRAL.

Auguro a Lei ed ai consiglieri tutti, ma soprattutto alle lavoratrici ed ai lavoratori, che il CRAL possa rappresentare un momento di coesione sociale, di unione di intenti e che possa continuare a lavorare nell’esclusivo interesse di coloro che rappresenta.
In fede
Balzamo Luigi

Elezioni RSU/RLS 2010 in Wind Campania

Il 28 e 29 aprile 2010 si sono tenute le elezioni per RSU ed RLS in Wind (Campania e Basilicata).
Circa 1280 lavoratori erano chiamati ad esprimersi su quanto svolto negli ultimi 3 anni e soprattutto dare continuità o cambiamento (nella scelta della sigla o del candidato) al modo di fare sindacato in azienda.
Quarto Stato
Premesso che dal totale di 21 RSU precedenti si è scesi a 15 RSU, come si evince dal file Elezioni RSU 2010 che riporta tutti i voti, si sono presentate ben 5 sigle sindacali (SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL, UGL, DEMOCRAZIA NELLE RETI) e la percentuale di voto è stata molto alta (1141 votanti cioè 89%).

Le lavoratrici ed i lavoratori della Wind Campania e Basilicata hanno chiesto alla SLC-CGIL di rappresentarli e tutelarli, in maniera chiara e netta.

Su 15 RSU, ben 9 alla SLC -CGIL, 5 alla UILCOM-UIL ed 1 alla FISTEL-CISL.

Inoltre, da queste elezioni sono state elette anche le RLS (6 in totale); in particolare 4 alla SLC-CGIL e 2 alla UILCOM-UIL.

La FISTEL-CISL, da queste elezioni esce molto ridimensionata, a seguito anche delle tante vicissitudini della propria organizzazione regionale e provinciale.

Le RSU elette sono:

  1. Petrucci Domenico (SLC-CGIL) 107 voti
  2. Beneduce Claudio (UILCOM-UIL) 91 voti
  3. Balzamo Luigi (SLC-CGIL) 87 voti
  4. Polidoro Gennaro (SLC-CGIL) 82 voti
  5. Cordova Vincenzo (SLC-CGIL) 75 voti
  6. Del Giudice Guido (UILCOM-UIL) 60 voti
  7. Cavaliere Vincenzo (SLC-CGIL) 51 voti
  8. Conte Paola (SLC-CGIL) 46 voti (prima donna ad essere eletta)
  9. Desicato Vittorio (UILCOM-UIL) 38 voti
  10. Verdolino Marco (FISTEL-CISL) 31 voti

Sono stati nominati dalle segreterie regionali

  1. Murolo Davide (SLC-CGIL) 40 voti
  2. Cimmino Massimo (UILCOM-UIL) 28 voti
  3. Musto Antonio (SLC-CGIL) 27 voti
  4. Sacco Monica (SLC-CGIL) 24 voti
  5. Montefusco Maurizio (UILCOM-UIL) 23 voti

Le RLS nominate sono:

  • Balzamo, Conte, Cordova, Petrucci  per la SLC-CGIL
  • Beneduce, Montefusco per la UILCOM-UIL
Discorso di Piero Calamandrei sulla Costituzione

Un discorso di straordinaria attualità, moderno, a difesa della nostra Costituzione, del lavoro, dei lavoratori.

Domandiamoci che cosa è per i giovani la Costituzione. Che cosa si può fare perché i giovani sentano la Costituzione come una cosa loro, perché sentano che nel difendere, nello sviluppare la Costituzione, continua, sia pure in forme diverse, quella Resistenza per la quale i loro fratelli maggiori esposero, e molti persero, la vita.

Uno dei miracoli del periodo della Resistenza fu la concordia fra partiti diversi, dai liberali ai comunisti, su un programma comune. Era un programma di battaglia: Via i fascisti! Via i tedeschi!

Questo programma fu adempiuto. Ma il programma comune di pace, fu fatto in un momento successivo. E fu la Costituzione.

La Costituzione deve essere considerata, non come una legge morta, deve essere considerata, ed è, come un programma politico. La Costituzione contiene in sé un programma politico concordato, diventato legge, che è obbligo realizzare.

La nostra Costituzione, lo riconoscono anche i socialisti, non è una Costituzione che ponga per meta all’Italia la trasformazione della società socialista. La Costituzione è nata da un compromesso fra diverse ideologie. Vi ha contribuito l’ispirazione mazziniana, vi ha contribuito il marxismo, vi ha contribuito il solidarismo cristiano. Questi vari partiti sono riusciti a mettersi d’accordo su un programma comune che si sono impegnati a realizzare. La parte più viva, più vitale, più piena d’avvenire, della Costituzione, non è costituita da quella struttura d’organi costituzionali che ci sono e potrebbero essere anche diversi: la parte vera e vitale della Costituzione è quella che si può chiamare programmatica, quella che pone delle mete che si debbono gradualmente raggiungere e per il raggiungimento delle quali vale anche oggi, e più varrà in avvenire, l’impegno delle nuove generazioni.

Nella nostra Costituzione c’è un articolo che è il più impegnativo, impegnativo per noi che siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti. Esso dice: << E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che, limitando di fatta la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese >>.

<< E’ compito… di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana >> ! Quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità d’uomini.

Soltanto quando questo sarà raggiunto si potrà veramente affermare che la formula contenuta nell’articolo 1: << L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro>>, corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società, di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messi a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società. E allora voi capite da questo che la nostra Costituzione è in parte una realtà, ma soltanto in parte: in parte è ancora un programma, un impegno, un lavoro da compiere.

Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi!

E’ stato detto giustamente che le Costituzioni sono delle polemiche, che negli articoli delle Costituzioni c’è sempre, anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica di solito è una polemica contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della Costituzione che si riferisce ai rapporti civili e politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà che oggi sono elencate e riaffermate solennemente erano sistematicamente disconosciute. Ed è naturale che negli articoli della Costituzione ci siano ancora echi di questo risentimento e ci sia una polemica contro il regime caduto e l’impegno di non far risorgere questo regime, di non far ripetere e permettere ancora quegli stessi oltraggi. Per questo nella nostra Costituzione ci sono diverse norme che parlano espressamente, vietandone la ricostituzione, del partito fascista. Ma nella nostra Costituzione c’è qualcosa di più, questo soprattutto i giovani devono comprendere.

Ma c’è una parte della Costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società. Perché quando l’articolo vi dice: << E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli d’ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana >>, riconosce con ciò che questi ostacoli oggi ci sono, di fatto, e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la Costituzione! Un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale che la Costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.

Ma non è una Costituzione immobile che abbia fissato un punto fermo, è una Costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria perché <<rivoluzione>>, nel linguaggio comune, s’intende qualche cosa che sovverte violentemente. Ma è una Costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che anche quando ci sono le libertà giuridiche e politiche, esse siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche e dall’impossibilità per molti cittadini d’essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica potrebbe anch’essa contribuire al progresso della società.

Quindi polemica contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente.

Però, vedete, la Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta: lo lascio cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno, in questa macchina, rimetterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere quelle promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo, che è, non qui per fortuna, in questo uditorio ma spesso in larghi strati, in larghe categorie di giovani. E’ un po’ una malattia dei giovani, l’indifferentismo. << La politica è una brutta cosa >>. << Che me ne importa della politica?>>.

Quando sento pronunciare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due migranti, due contadini che attraversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime. Il piroscafo oscillava e allora quando il contadino, impaurito, domanda ad un marinaio: << Ma siamo in pericolo? >> e quello dice: << Se continua questo mare, fra mezz’ora il bastimento affonda >>. Allora lui corre nella stiva, va a svegliare il compagno e grida: << Beppe, Beppe, Beppe! >>. – <<Che c’è? >>. – << Se continua questo mare, fra mezz’ora il bastimento affonda! >>. E quello: << Che me ne importa, non è mica mio! >>.

Questo è l’indifferentismo alla politica: è così bello, è così comodo, la libertà c’è, si vive in regime di libertà, ci sono altre cose da fare che interessarsi di politica. Lo so anch’io. Il mondo è bello, vi sono tante belle cose da vedere e godere oltre che occuparsi di politica. E la politica non è una piacevole cosa.

Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso d’asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso d’angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso d’angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica.

La Costituzione, vedete, è l’affermazione, scritta in questi articoli che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune: ché, se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento.

E’ la carta della propria libertà, la carta, per ciascuno di noi, della propria dignità d’uomo.

Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946. Questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, per la prima volta andò a votare, dopo un periodo d’orrori, di caos, la guerra civile, le lotte, le guerre, gli incendi.

Io ero, ricordo, a Firenze. Lo stesso è capitato qui: queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta, lieta perché aveva la sensazione di aver ritrovato la propria dignità: questo dare il voto, questo portare la propria opinione, per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi della nostre sorti, delle sorti del nostro paese.

Quindi voi, giovani, alla Costituzione dovette dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendervi conto, rendervi conto, che ognuno di noi non è solo, non è solo; che siamo in più, che siamo parte anche di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo.

Ora, vedete, io non ho altro da dirvi: in questa Costituzione di cui sentirete fare il commento nelle prossime conferenze c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie; essi sono tutti sfociati qui in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli si sentono delle voci lontane.

A difesa dell’acqua pubblica

Oggi (18-11-2009) con il voto di fiducia alla Camera dei Deputati si è concluso l’esame del decreto 135/09 il cui Art. 15 sancisce la definitiva e totale privatizzazione dell’acqua potabile in Italia.
Il Governo impone per decreto che i cittadini e gli Enti Locali vengano espropriati di un diritto e di un bene comune com’è l’acqua per consegnarlo nelle mani dei privati e dei capitali finanziari. Ciò avviene sotto il falso pretesto di uniformare la gestione dei servizi pubblici locali alle richieste della Commissione Europa mentre non esiste nessun obbligo e le modifiche introdotte per sopprimere la gestione “in house” contrastano con i principi della giurisprudenza europea. Nonostante sia oramai sotto gli occhi di tutti che le gestioni del servizio idrico affidate in questi ultimi anni a soggetti privati, sperimentate in alcune Provincie Italiane o a livello europeo abbiano prodotto esclusivamente innalzamento delle tariffe, diminuzione degli investimenti e un aumento costante dei consumi, si continua a sostenere che mercato e privati siano sinonimi di efficienza e riduzioni dei costi.

Il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua è sceso da subito in campo per contrastare questo provvedimento con la campagna nazionale “Salva l’Acqua” verso la quale si è registrata un’elevatissima adesione.

Ad oggi abbiamo consegnato al Presidente della Camera 45.000 firme a sostegno dell’appello che chiedeva il ritiro delle norme che privatizzano l’acqua.

Inoltre, migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso e contrarietà all’Art.15 in un presidio svoltosi lo scorso 12 Novembre a Piazza Montecitorio e in varie mobilitazioni territoriali, migliaia di persone hanno inviato mail ai parlamentari per chiedere di non convertire in legge il decreto 135/09, molte personalità hanno espresso da una parte la loro indignazione e dall’altra il loro sostegno alla campagna. In questi giorni è cresciuta nella società la consapevolezza che consegnare l’acqua al mercato significa mettere a rischio la democrazia. Nonostante questa mobilitazione della società civile e degli stessi Enti locali, il Governo ha imposto il voto di fiducia e non accoglie le richieste e le preoccupazioni espresse anche molti Sindaci di amministrazioni governate da maggioranze di differenti colori politici.

Come Forum dei Movimenti per l’Acqua siamo indignati per la superficialità con cui il Governo, senza che esistessero i presupposti di urgenza, ha voluto accelerare la privatizzazione dell´acqua.

A questo punto siamo convinti che la contestazione dovrà essere ricondotta nei territori, per chiedere agli Enti Locali che si riapproprino della podestà sulla gestione dell’acqua tramite il riconoscimento dell’acqua come diritto umano e il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e nel contempo di sollecitare le Regioni ad attivare ricorsi di legittimità nei confronti del provvedimento.

Queste percorsi di mobilitazione sono percorribile così come dimostrano le delibere approvate dalla Giunta regionale pugliese, dalle tante delibere approvate dai consigli comunali siciliani e nel resto d’Italia, da ultimo quello di Venezia.

Il popolo dell’acqua continuerà la battaglia per la ripubblicizzazione del servizio idrico assumendo iniziative territoriali e nazionali volte a superare l’Art. 15 del decreto legge.

Come Forum dei Movimenti, chiediamo a tutta la società civile di continuare la mobilitazione e far sentire il proprio dissenso anche dopo l´approvazione dell´art. 15 attraverso mobilitazioni sui territori ed invio di messaggi a tutti i partiti, ai consiglieri comunali provinciali e regionali, ai parlamentari locali

A Sindaci ed agli eletti chiediamo di dar vita nelle rispettive istituzioni a prese di posizioni chiare che respingano la legge e di dar vita a iniziative di protesta nelle istituzioni stesse.

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Epifani: pronti per lo sciopero generale

Da Rassegna.it
“Cisl e Uil hanno fatto sapere che se il governo non farà la riduzione fiscale sui redditi da lavoro, sono pronte allo sciopero generale. Noi chiediamo a Cisl e Uil come giudicano le misure del governo nella finanziaria. E dopo questo, noi ribadiamo che la Cgil è pronta e sarà in prima fila per uno sciopero generale sul fisco”. Questo uno dei passaggi dell’intervento del segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, che ha cominciato a parlare alle 17, a Roma, davanti a una Piazza del Popolo ormai strapiena per la manifestazione del 14 novembre. Il segretario ha ribadito tutte le critiche della Cgil all’azione del governo “che – unico nel panorama europeo – non sta facendo nulla contro una delle crisi economiche più gravi dal 1929”.

Il leader del sindacato ha ringraziato “la straordinaria piazza, che ci consentirà di essere visti, le ragioni, perché nessuno possa far finta di nulla. In un momento in cui la Cgil è sottoposta a innumerevoli attacchi. Quello di oggi è un sabato del lavoro e per il lavoro, una protesta, un grido, che chiede a tutti. Vedere per intero la faccia di questa crisi, anche se può dar fastidio. “C’è una parte del paese che sta sempre peggio e che prova rabbia quando sente dire che il peggio è passato. Ma per chi è passato? Chi investe nella Borsa, aumenta del 100%, se la cavano le banche, (tanti risparmi, pochi impieghi), stanno sempre meglio gli speculatori, che hanno originato la crisi e hanno fatto pagare i suoi costi ai più deboli”.

Ma certo la crisi non è passata per i lavoratori, i precari, i pensionati. E’ in arrivo la parte peggiore. E’ una valanga. In un anno 570 mila posti, 300 mila impiegati precari che sono stati. La valanga sta ancora arrivando. Non solo cassa integrazione, ma mobilità, licenziamenti, precari che vanno a casa senza coperture.
“Stiamo esagerando?”, si è chiesto retoricamente Epifani durante il suo intervento. “La Confindustria ammette che la crisi è più difficile. Piccole e piccolissime imprese che chiudono. Poi c’è la Bce: preoccupatevi di lavoro e occupazione. La crisi la vediamo nel territorio. Il Pil crolla. .Siamo tornati al 2003. Al primo trimestre, sei anni fa. Siamo tornati indietro e molto. Per risalire ci vorrano sei o sette anni. C’è anche un segno nuovo che non va sottovalutato: troppi imprenditori stanno facendo i furbi. Licenziano. Non va bene. Per questo abbiamo bisogno che l’informazione torni a parlare della crisi”.

Rivolto ai giornalisti, il segretario ha detto: “Occupatevi della crisi. Soprattutto di quello che succede nel Mezzogiorno. Quanto è importante anche per il lavoro una informazione autonoma. Nell’interesse della verità e del cittadino, non piegata a quel gruppo piuttosto che ad un altro. Tutti i lavoratori dicono: meno male che c’è la Cgil. Ci chiedono: non isolateci nei nostri luoghi di lavoro. Fateci stare insieme, perché solo così c’è la forza. Per questo abbiamo voluto questa manifestazione. Il mondo del lavoro non ha paura e non è sfiduciato”.
La storia di Agile (ex Eutelia) è la dimostrazione della drammaticità della crisi. Questa forma di pressione sui lavoratori appartiene a quello che c’era una volta in Sudamerica. Non si rispettano i diritti e la dignità dei lavoratori. Il compagno che viene dal Marocco che lavora nei campi. Persone sfruttate dai caporali, condizioni di vita indegne. Mi indignano due cose:nessuno quasi ne parla. Un governo fortissimo con i più deboli, ma assente quando si tratta di colpire coloro che hanno di più.
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Il denaro pesa più dell’acqua

E’ stato uno shock per me sentire che il Senato , il 4 novembre scorso, ha sancito la privatizzazione dell’acqua.

Il voto in Senato è la conclusione di un iter parlamentare che dura da due anni. Infatti il governo Berlusconi, con l’articolo 23 bis della Legge 133/2008, aveva provveduto a regolamentare la gestione del servizio idrico integrato che prevedeva, in via ordinaria, il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a imprenditori o società , mediante il rinvio a gara , entro il 31 dicembre 2010. Quella  Legge è stata approvata il 6 agosto 2008, mentre l’Italia era  in vacanza. Un anno dopo, precisamente il 9 settembre 2009, il  Consiglio dei ministri  ha approvato un decreto legge (l’accordo Fitto- Calderoli), il cui articolo 15, modificando l’articolo 23 bis, muove passi ancora più decisivi verso la privatizzazione dei servizi idrici, prevedendo:

a)     L’affidamento della gestione dei servizi idrici a favore di imprenditori o di società, anche a partecipazione mista (pubblico-privata) , con capitale privato non inferiore al 40%;

b)    Cessazione degli affidamenti ‘in house’ a società totalmente pubbliche, controllate dai comuni alla data del 31 dicembre 2011.

Questo decreto è passato in Senato  per essere trasformato in legge. Il PD , che è sempre stato piuttosto favorevole alla privatizzazione dell’acqua, ha proposto nella persona del senatore Bubbico, un emendamento-compromesso:l’acqua potrebbe essere gestita dai privati, ma la proprietà resterebbe pubblica. Questa proposta , fatta solo per salvarsi la faccia , passa con un voto bipartisan! Ma la maggioranza vota per la privatizzazione dell’acqua. L’opposizione  (PD e IDV), vota contro il decreto-legge.

E così il Senato vota la privatizzazione dell’acqua, bene supremo oggi insieme all’aria! E’ la capitolazione del potere politico ai potentati economico-finanziari. La politica è finita!E’ il trionfo del Mercato, del profitto. E’ la fine della democrazia.

”Se la Camera dei Deputati- ha detto correttamente il Forum dei movimenti dell’acqua –non ribalterà il misfatto del Senato, si sarà celebrata la delegittimazione delle Istituzioni.”

Per questo dobbiamo denunciare con forza:

– il governo Berlusconi che , con questo voto al Senato, ora privatizza tutti i rubinetti d’Italia. “Questo decreto segna un passaggio cruciale per la cultura civile del nostro paese e per la sua Costituzione- scrivono Molinari e Lembo del Contratto Mondiale dell’Acqua. I Comuni e le Regioni vengono espropriati da funzioni proprie  con un vero attentato alla democrazia.”

-il partito di opposizione , il PD, che continua a nicchiare sulla privatizzazione dell’acqua (sappiamo che il nuovo segretario Bersani è stato sempre  a favore della privatizzazione).

– ed infine tutta l’opposizione, per non aver portato un problema così grave all’attenzione dell’opinione pubblica.

Per questo rivolgiamo un appello a tutti i partiti perché ritirino questo decreto o tolgano l’acqua dal decreto.

E questo devono farlo adesso che il decreto legge passa alla discussione nella Camera dei Deputati. Si parla che il decreto potrebbe essere votato il 16 novembre.

E ai partiti di opposizione chiediamo che dichiarino ufficialmente la loro posizione tramite il loro segretario nazionale e diano mandato al partito di mobilitarsi su tutto il territorio nazionale.

E chiediamo altresì , ai partiti di opposizione di riportare in aula la Legge di iniziativa popolare che ha ottenuto nel 2007  400.000 firme ed ora dorme nella Commissione Ambiente della Camera.

Chiediamo alle Regioni di:

-impugnare la costituzionalità dell’articolo 15 del decreto Fitto-Calderoli;

-varare leggi regionali sulla gestione pubblica del servizio idrico.

Chiediamo ai Comuni di:

-Indire Consigli Comunali monotematici sull’acqua;

-dichiarare l’acqua bene di non  rilevanza economica;

-fare la scelta dell’Azienda Pubblica speciale per la gestione delle proprie acque. Questa opzione ,a detta di molti avvocati e giuristi, è possibile anche con l’attuale legislazione . Si tratta praticamente di ritornare alle vecchie municipalizzate.

Chiediamo ai sindacati di :

-pronunciarsi sulla privatizzazione dell’acqua tramite i propri segretari nazionali;

-mobilitarsi e mobilitare i cittadini contro la mercificazione dell’acqua.

Chiediamo infine alla Conferenza Episcopale Italiana(CEI) di :

-proclamare l’acqua un diritto fondamentale umano , come ha fatto il Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate dove parla “dell’accesso all’acqua come diritto universale di tutti gli esseri umani, senza distinzioni né discriminazioni”(n.27);

-protestare , in nome della vita, come afferma il Papa nell’enciclica,contro la legge che privatizza l’acqua;

-chiedere alle comunità parrocchiali di organizzarsi sia per informarsi sia per fare pressione a tutti i livelli, perché l’acqua non diventi merce.

Infatti l’acqua è sacra, l’acqua è vita, l’acqua è un diritto fondamentale umano. Questo bisogna ripeterlo ancora di più, in un momento così grave in cui con il surriscaldamento del pianeta, rischiamo di perdere i ghiacciai e i nevai, e quindi buona parte delle nostre fonti idriche. E lo ripetiamo con forza alla vigilia della conferenza internazionale di Copenhagen, dove l’acqua deve essere discussa come argomento fondamentale legato al clima. Per questo chiediamo a tutti, al di là di fedi o di ideologie perché ‘sorella acqua’ , fonte della vita, venga riconosciuta da tutti come diritto fondamentale umano e  non sottoposta alla legge del mercato.

Si tratta di vita o di morte per le classi deboli dei paesi ricchi , ma soprattutto per i poveri del Sud del mondo che la pagheranno con milioni di morti per sete.

Alex  Zanotelli

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