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Altro che fringe benefit o bonus

Oramai, dal famoso Bonus Renzi, la recente politica italiana vive anzi fa vivere l’italica popolazione con piccole prebende.

Piccole elemosine, relativamente importanti perché comunque aiutano a sopravvivere ma che non ti consentono di strutturare, in meglio, la tua vita.

Senza pensare che bonus e fringe benefit hanno un impatto negativissimo sulla già scarna pensione che riceveremo eppure continuiamo a pagare fior di contributi, eppure lavoriamo per tantissimi anni per ottenerla.

Oramai c’è chi si specializza e fa consulenza per districarsi nelle decine di bonus e prebende nazionali ed anche locali.

Il popolo ha bisogno di lavoro e ben remunerato e soprattutto sa svolgere in sicurezza e con la certezza di regole.

Abbiamo bisogno di stipendi adeguati che ci consentano di vivere dignitosamente

Abbiamo bisogno di un welfare sanitario, sociale dove i servizi pubblici siano accessibili e soprattutto che siano di aiuto alla popolazione

Abbiamo bisogno di edilizia popolare

Insomma, cara politica italiana degli ultimi 30 anni, dimostraci che non possiamo fare a meno di te perché ancora ad oggi sei inesistente

Il Parlamento legiferi contro il Jobs Act sui licenziamenti illegittimi

Ho avversato il Jobs Act nella sua interezza perchè, seppur ci siano alcuni spunti interessanti (sugli ammortizzatori sociali) ha precarizzato ancora di più il mondo del lavoro, rendendolo ancor più iniquo ed ingiusto, con sempre più precari.

Se aggiungiamo una classe politica che non legifera perchè intrappolata nei propri interessi divergenti, assistiamo all’ennesima decisione giuridica che invita il Parlamento a decidere.

Non solo sul “fine vita”, argomento importantissimo e colpevolmente snobbato dalla Politica, sulla riforma della legge elettorale, ma anche sul Jobs Act la Consulta, cioè la Corte Costituzionale

Dati del 2016

È indifferibile la riforma della disciplina dei licenziamenti, materia di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo con sentenza n. 183 depositata il 22 luglio 2022 

La Consulta invita il Parlamento a rivedere la norma, affermando che, in caso di inottemperanza, dovrà intervenire.

un sistema siffatto non attua quell’equilibrato componimento tra i contrapposti interessi, che rappresenta la funzione primaria di un’efficace tutela indennitaria contro i licenziamenti illegittimi“. “Il criterio incentrato sul solo numero degli occupati non risponde, dunque, all’esigenza di non gravare di costi sproporzionati realtà produttive e organizzative che siano effettivamente inidonee a sostenerli.”

Se la flessibilità diventa precarietà, che futuro per i giovani ?

In questo contesto sociale ed economico sempre più instabile, sempre più povero economicamente e moralmente, i ricchi continuano ad essere ricchi mentre i poveri aumentano nel numero, con crescenti difficoltà nel potere di acquisto, nelle possibilità di poter avere occasioni per una vita migliore, con enormi difficoltà nell’utilizzo di servizi e prestazioni.

Con due aggravi a mio avviso, ovvero che anche chi lavora rischia di far parte degli indigenti, ma soprattutto che i giovani, a cui è richiesta competenza, disponibilità e specializzazione, hanno sempre meno opportunità e con una flessibilità (oraria ed economica) che oramai si traduce in precarietà.

Stipendi sempre più bassi, ma anche i loro genitori non se la cavano meglio.

La DECRESCITA salariale negli ultimi 10 e 30 anni, in Europa

Anche sul fronte pensionistico, non solo hanno allungato l’età per andare in pensione (età anagrafica ed età dei contributi) ma soprattutto con importi pensionistici sempre più bassi.

Ci raccontano che la colpa è dei sindacati, di chi cerca regole, di chi vuole equità che invece la flessibilità, la subordinazione portino alla ricchezza ….. nulla di vero, tutto tristemente fasullo e deleterio, per noi ed i nostri ragazzi.

Per non parlare delle differenze salariali con gli altri Paesi europei, che, pur vivendo “più o meno” nello stesso contraddittorio sistema capitalistico e liberale,  dove i lavoratori continuano ad avere salari decenti, per affrontare e vivere in maniera soddisfacente (*) ma con uno stato sociale che si impoverisce comunque sempre più.

C’è bisogno di un nostro impegno, nel proprio quartiere, nella propria azienda, tra gli amici, i parenti affinchè si inverta questo modo di ragionare, di subire, di vivere.

Bisogna iniziare ad essere consapevoli della nostra condizione per poi poter agire.

(*) Eurostat ci dice che la paga oraria media lorda nel 2021 è stata di 15,55 euro contro i 16,9 euro dell’area Euro, i 19,66 della Germania e i 18,01 della Francia. La paga mensile lorda lo stesso anno è stata 2.520 euro in Italia, nell’area Euro di 2.825 euro, in Germania di 3.349 e in Francia di 2.895.

Chi detrae interessi mutuo cointestato ma pagato da uno solo

L’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in merito alle detrazioni per mutui cointestati.
Nel caso di figlio proprietario al 100% dell’abitazione ma con mutuo cointestato con il padre, il figlio può portare solo il 50% in detrazione nel modello 730 per un importo massimo previsto di 4.000 euro anche se è l’unico che paga il mutuo stesso

Questo avviene perché il padre non ha la proprietà dell’immobile.
L’unica eccezione al criterio di ripartizione tra i cointestatari del mutuo è il caso di mutuo cointestato con il coniuge fiscalmente a carico

Il pareggio che è sconfitta

Non mi riferisco ad un risultato calcistico del mio amato Napoli 🙂 ma ad un provvedimento politico che creerà certamente ulteriori difficoltà a noi cittadini.
E sia ben chiaro di non cedere alla semplice equazione Pareggio di bilancio = conti in liena = nessun problema.

Con una modifica votata dai 2/3 del Senato (quindi non è necessario il referendum confermativo) è stato modificato l’art.81 della Costituzione che introdurrà il cosiddetto pareggio di bilancio, cioè l’obbligo per lo Stato di pareggiare costi e ricavi.

Una norma importante, ma che nasconde un terribile effetto: la consegna definitiva del nostro paese nelle mani delle oligarchie bancarie e finanziarie, perché con il pareggio di bilancio lo Stato non sarà più in grado di controllare e indirizzare l’economia nazionale attraverso le politiche anticicliche. Lo stato sociale, il welfare sarà destinato alla scomparsa. Anche l’autonomia di regioni e comuni (art.119 Cost.) sono stati modificati
La nostra politica economica sarà gestita dalla BCE e dalle oligarchie dei poteri finanziari mondiali che controllano i flussi di credito agli Stati tramite l’acquisto di titoli del debito pubblico Sia Gran Bretagna, sia Repubblica Ceca non hanno aderito al trattato, mentre il nostro paese ha abbassato i pantaloni, praticamente suicidandosi.
Aggiungere restrizioni, quale un tetto rigido della spesa pubblica, non farebbe che peggiorare le cose”; soprattutto “avrebbe effetti perversi in  caso di recessione. Nei momenti di difficoltà diminuisce il gettito  fiscale e aumentano alcune spese tra cui i sussidi di disoccupazione.  Questi ammortizzatori sociali fanno aumentare il deficit, ma limitano la contrazione del reddito disponibile e del potere di acquisto.
“I grossi tagli di spesa e/o gli incrementi della pressione fiscale per raggiungere il pareggio danneggerebbero una ripresa già debole”. Il discorso vale anche in fase di crescita: il tetto alla spesa derivante dai vincoli di bilancio, infatti, fungerebbe da freno rendendoli incostituzionali “se non controbilanciati da riduzioni della spesa di pari importo”. In caso di emergenze, poi, il tetto potrebbe obbligare lo Stato a tagliare altri capitoli di spesa.

Pensioni, la legge pasticcio dei doppi contributi

(Milena Gabanelli)  tratto dal Corriere della Sera del 13-2-2012 nonchè un video esplicativo

Forse al Ministro Fornero scapperà un’altra lacrima quando dovrà mettere mano alla patata bollente ereditata dal Governo Berlusconi. Si, perché al disorientamento provocato dalla sua riforma, si aggiunge l’incubo di migliaia di lavoratori prossimi alla pensione che devono ripagare i contributi già versati. L’origine del frutto bacato risale ad una legge del 2010. Il risultato è una lunga lista di situazioni simili a quelle descritte in queste lettere: “Sono un ex dipendente della Pubblica Amministrazione: ho lavorato 22 anni in una Ausl, che versava i miei contributi all’Inpdap, poi, 15 anni fa, sono passato alle dipendenze di una azienda privata, che li ha versati all’Inps; quando chiesi la ricongiunzione, mi fu consigliato dai funzionari dell’Inps di farlo l’ultimo giorno di lavoro, perché tanto era gratuita (in effetti sul sito ufficiale dell’inps c’era scritto così fino a metà gennaio 2012 ndr).
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=bqzTVn4EErE[/youtube]
Ora ho scoperto, per caso, che per fare la ricongiunzione dovrò sborsare 93 mila euro, che ovviamente non ho. Quindi, se questa legge non viene modificata, mi trovo a dover rinunciare a 22 anni di contributi, o rinunciare alla liquidazione, e andare in pensione a 66 anni piuttosto che a 62 e con una pensione di 1400 euro lordi, invece di 2500. Questo dopo aver versato 43 anni di contributi!” Ancora: “Ho lavorato 31 anni presso la ragioneria del Comune e versato i contributi all’Inpdap; poi, 9 anni fa, hanno ridotto il personale e sono passata a una ditta privata, che li ha versati all’Inps. Adesso sto ultimando il 41 esimo anno di lavoro e, per fare la ricongiunzione, vogliono più di 200.000 euro; mi dicono: ’Però può pagare a rate…’, ma quali rate, visto che io dovrei andare in pensione con 1600 euro al mese!”

 Questo è il prodotto della Legge 122, “infilata” dentro ad altri provvedimenti nella Finanziaria del luglio 2010. La legge dice, in sintesi, che la ricongiunzione dall’Inpdap all’Inps, finora gratuita, perché peggiorativa, diventa onerosa. Il motivo di questa decisione nasce con l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne del pubblico impiego, da 60 a 65 anni. Ora, per i dipendenti pubblici ad erogare la pensione è l’Inpdap. Nel settore privato invece la pensione la paga l’Inps, e per l’Inps le donne hanno diritto alla pensione di vecchiaia a 60 anni. Ricordiamo che siamo nel 2010 e l’allora Ministro del welfare Sacconi deve aver pensato che le signore con qualche anno di contributo Inps volessero fare una ricongiunzione di massa e prendersi la pensione di vecchiaia in anticipo, anche se leggermente più bassa.

Per impedire questa eventualità, non è stato fatto un provvedimento ad hoc, ma la famigerata legge 122, che riguarda indiscriminatamente tutti, senza calcolare che in questi anni di privatizzazioni, migliaia di cittadini, senza cambiare scrivania, hanno cambiato datore di lavoro, passando dal “pubblico” al “privato” (dai comuni, agli elettrici, ai telefonici), e non sono loro a scegliere dove versare i contributi, perché le regole sono decise da altri. Ora a questi lavoratori, se non vogliono perdere anni di contributi già versati, l’Inps chiede di versarli una seconda volta. Per chi fa domanda di ricongiunzione, la cifra può raggiungere i 300 mila euro.

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L’analfabeta politico

“Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico. Egli non sente, non parla, né s’interessa degli avvenimenti politici. Egli non sa che il costo della vita, il prezzo dei fagioli, del pesce, della farina, dell’affitto, delle scarpe e delle medicine, dipendono dalle decisioni politiche.
L’analfabeta politico è talmente somaro che si inorgoglisce e si gonfia il petto nel dire che odia la politica. Non sa, l’imbecille, che dalla sua ignoranza politica nasce la prostituta, il minore abbandonato, il rapinatore e il peggiore di tutti i banditi, che è il politico disonesto, il mafioso, il corrotto, il lacchè delle imprese nazionali e multinazionali.”
Bertolt Brecht.
Perchè difendo l’art.18

Attraverso i media c’è un martellamento continuo sull’addossare quasi tutti i problemi italiani legati al lavoro all’articolo 18 (della legge 300/1970 detta anche Statuto dei Lavoratori).

Sembra che la mancata crescita sia dovuta a questa “rigidità” legislativa che impedisce di creare nuovi posti di lavoro.

Beninteso che in Italia abbiamo ben 46 tipi di contratto dunque la flessibilità contrattuale certamente non ci manca (vedi link), si smonta facilmente l’ipotesi cioè che l’articolo 18 contrasta la la flessibilità. Si nasconde che il problema italiano è la mancata crescita, i mancati investimenti,  che manca semplicemente il lavoro e dunque i posti di lavoro (tra l’altro le aziende in Italia sono alla ricerca di 45.000 posti di lavoro poco attraenti per i nostri concittadini).

 Allora perché vogliono eliminarlo ?

Più che gli effetti sull’occupazione (l’articolo 18 esiste dagli anni 70 eppure ci sono stati lunghi periodi di crescita occupazionale e salariale in questi 40 anni e l’articolo 18 era in vigore), l’obiettivo è togliere la dignità ai lavoratori ….. perché è vero che un imprenditore tende a “tenere con sé” chi ben lavora, ma basterebbe uno screzio, uno sguardo inopportuno, una protesta ed ecco che il datore di lavoro ti paga un indennizzo, un risarcimento e tu sei col culo per aria.

La mercificazione ulteriore del rapporto di lavoro, senza più essere pensanti e con dignità propria sui luoghi di lavoro, con lo scopo di piegare se stessi alla volontà del datore di lavoro il quale se c’è già un giusto motivo, anche con l’articolo 18, può licenziare un dipendente. Quindi di che parliamo ? Solamente di sottomissione al volere padronale (lo so, sono termini vecchi, che non si usano più eppure mi fa rabbia pensare a chi ha dato la vita, ha preso mazzate, ha fatto la fame, ha scioperato per ottenere dei diritti  che ora stiamo buttando via).

Il Monti ha affermato  che è per l’art.18 che le aziende estere non investono in Italia ….. mah !!!   Chissà perché pensavo alle lungaggini burocratiche, ai rimborsi dello Stato per lavori effettuati e mai onorati, alle infrastrutture fatiscenti, alle vie di comunicazione vecchie, alla criminalità organizzata, alla mancanza ed al rispetto delle regole, ai mancanti incentivi, ecc ….. forse Monti vive altrove.

Carlo De Benedetti, imprenditore legato al centro sinistra, ha affermato che negli ultimi 3 anni ha mandato via 800 persone pur in presenza dell’articolo 18 ……. Un vaffa se lo becca lo stesso, però come vedete l’articolo 18 difende, ostacola ma non impedisce il licenziamento.

Provo ulteriormente a ragionare mettendomi nei panni  di chi lo propone ….. in cambio dell’abolizione dell’art.18, faccio tantissimi contratti a tempo indeterminato ma con facoltà di licenziare. Quindi in pratica sono a tempo determinato e col ricatto di licenziarti quando voglio.

Dunque tolgo un diritto a certi lavoratori e cerco di dare delle false tutele ad altri ….. quindi il mondo dei lavoratori si sacrifica, ma le aziende che mettono in ballo ?  Nulla, non rischiano nulla, vogliono solo incassare.

E lo Stato ? Interverrebbe dando incentivi … ma perché non li può dare anche ora con l’articolo 18 ?

Il confronto tra sindacato, governo ed aziende è necessario, ma per creare lavoro, non disoccupazione ed ulteriore precarietà.

Allora ho capito, abbiamo capito ….. volete semplicemente speculare su di noi, volte ridurci alla fame, sia quella economica che dei diritti, confidando sul fatto che l’ignoranza e l’apatia prevarranno, ma vi sbagliate, siamo molto migliori della classe politica che ci rappresenta e non lo consentiremo.

Cos’è l’articolo 18

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